21 settembre, Giornata internazionale della PaceCome ben sappiamo, siamo di fronte a due devastanti conflitti (oltre a tutti quelli che stanno affliggendo ampi territori della Terra), in grado di portarci a breve a una guerra mondiale. Una catastrofe che si prospetta per tutti e per tutti noi. E occorre ricordare che proprio dall’Europa sono partite le due guerre mondiali: noi europei abbiamo anche questa responsabilita storica.
Ogni uomo ha il diritto alla pace perché ne ha anche il dovere, scriveva Raimon Panikkar. Il cammino verso la pace consiste nel decidere di intraprenderlo e, per ripetere ancora una volta le parole di Tich Nath Han, “non c’e un cammino per la pace, la pace e la via”. Il che significa non fare della pace un obbiettivo da raggiungere ma lo strumento delle nostre azioni. E per agire con consapevolezza occorre informarsi, non smettere di cercare e adoperarsi per una buona diffusione delle informazioni.
A seguire indichiamo dati giuridici ed economici che in questo senso ci riguardano.
La legge sul commercio e il transito delle armiNel Comunicato di MC e dell’Associazione Movimenti Cambiamenti del febbraio 2024, diffuso all’indomani dell’approvazione in Senato, abbiamo gia denunciato le pericolose conseguenze del progetto di modifica della L. 185/1990 sul traffico di armi (esportazione, importazione e transito). Le modifiche sono sostanziali e tutte dirette a favorire l’esportazione di armamenti, riducendo vincoli e controlli democratici, in pieno contrasto con l’art.11 della Costituzione.
Nel gennaio 2021 il secondo governo Conte aveva revocato varie autorizzazioni all’esportazione di missili e bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (coinvolti nella guerra in corso nello Yemen). Ma il 17 aprile 2023 il governo Meloni ha cancellato il divieto di esportazione. Per scongiurare il ripetersi del “pericoloso” precedente e, comunque, per agevolare il traffico di armi l’attuale governo nel Disegno di legge ha previsto che, in presenza di un divieto di esportazione di armi posto/proposto dall'Unita per le autorizzazioni dei materiali d'armamento (UAMA), il Comitato Interministeriale per gli Scambi di Materiali di Armamento per la Difesa (CISD, presieduto dal Presidente del Consiglio), possa insindacabilmente rigettare il divieto, purché eserciti tale facoltà entro quindici giorni.
Il rifiuto governativo prevarrebbe sui provvedimenti di altri uffici senza necessità di informare e/o sentire il Parlamento. Il tutto, quindi, una volta approvata la riforma, avverrebbe al di fuori di ogni trasparenza e tenendo completamente all’oscuro i cittadini.
Fino a oggi la trasparenza e il controllo democratico sul commercio e il transito di armi, oltre che sui divieti all’esportazione verso paesi belligeranti - divieto esteso alle esportazioni verso paesi i cui governi erano e sono responsabili di accertate violazioni dei diritti umani (articolo 1.6 D) o “quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali”- era ed e incentrato sulla relazione annuale che il Governo deve presentare al Parlamento entro il 31 marzo e che deve contenere “indicazioni analitiche - per tipi, quantità e valori monetari - degli oggetti concernenti le operazioni”; deve, inoltre, essere riportata “la lista dei paesi indicati nelle autorizzazioni definitive, l'elenco delle revoche delle autorizzazioni stesse per violazione della clausola di destinazione finale e dei divieti”.
Non risulta sia stato accolto l’emendamento, proposto dalla stessa relatrice Stefania Craxi al Senato, che prevede la cancellazione dalla relazione al Parlamento dell’elenco delle banche finanziatrici degli armamenti. L’emendamento avrebbe reso impossibile conoscere quali banche speculano sulle armi e sulle guerre. Vedremo se non verrà riproposto alla Camera.
Nessuna conversione dell’industria bellicaE’ passata, in sordina, la cancellazione di ogni ipotesi di conversione dell’industria militare in civile: il DDL approvato dal Senato prevede, infatti, l’abrogazione dell’intero articolo 8 che affida all’Ufficio, costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il compito di studiare la conversione a scopi civili delle aziende di produzione di armamenti, in particolare, individuando la possibile “utilizzazione per usi non militari […] ai fini di tutela dell'ambiente, protezione civile, sanita, agricoltura, scientifici e di ricerca, energetici, nonché di altre applicazioni nel campo civile”.
La cancellazione manifesta in modo palese che l’intento di questo governo e ben lontano da qualunque prospettiva pacifica e che invece e rivolto ad agevolare in ogni modo la proliferazione delle armi e del loro commercio.
I dati parlano: Leonardo Spa, ex Finmeccanica (e ora con partecipazione dello Stato ridotta al 30% in seguito a un processo di privatizzazione iniziato nel 1992 sotto il governo Ciampi e Draghi alla direzione del Tesoro), diventata holding nel settore aerospaziale e difesa, prima nell’Unione Europea per grandezza, in pochi anni, e passata da multinazionale attiva sia nel settore civile (45% del fatturato) sia in quello militare, a una società sostanzialmente mono-produttiva militare (70% del fatturato).
Traffico di armi dall’ItaliaIl record di fatturato e di traffico di armi è stato possibile anche senza le modifiche alla L. 185, presentate dal governo come necessarie “al fine di rendere la normativa nazionale più rispondente alle sfide derivanti dall’evoluzione del contesto internazionale”. Sul sito della Camera, il testo risulta tuttora all’esame delle Commissioni, a quasi un anno e mezzo dall’approvazione del Senato. Come mai? Evidentemente non si sente nemmeno la necessita di seguire l’iter parlamentare che, in ogni caso, comporterebbe quantomeno il fatto di rendere pubblico il contenuto della legge. Come si è visto, anche senza quelle modifiche normative, produzione, esportazione e commercio degli armamenti hanno avuto incrementi vertiginosi e incontrollati.
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina (24 febbraio 2022), Leonardo ha guadagnato in borsa il 206%! Leonardo spa ha continuato a stringere accordi con l’industria militare israeliana. Indicativi i dati riportati da Pagine Esteri su quanto ha fatturato con i cannoni utilizzati dalle unita della Marina militare israeliana: quattrocentoquaranta milioni di dollari, uno dei maggiori affari mai realizzati dalla holding nello scacchiere di guerra mediorientale. Gli strumenti di morte in questione sono i cannoni navali 76/62 Super Rapido MF, in grado di sparare fino a 120 colpi al minuto, prodotti negli stabilimenti della controllata OTO Melara di La Spezia, andati ad armare le nuove corvette della classe “Sa’ar 6” realizzate dalla societa tedesca ThyssenKrupp Marine Systems e impiegate, secondo alcune dichiarazioni rilasciate dai militari israeliani, in questo periodo da Israele per attaccare via mare la Striscia di Gaza.
Occorre ricordare in proposito l’adesione dell’Italia nel 2014 al “Trattato internazionale sul commercio di armi” (Arms Trade Treaty), in cui si stabilisce non solo il divieto ad esportare materiali militari a Paesi sottoposti a misure di embargo internazionale (art. 6), ma anche di valutare se le armi convenzionali o gli oggetti militari “possono contribuire a minacciare la pace e la sicurezza; possono essere utilizzati per commettere o agevolare una grave violazione del diritto internazionale umanitario e commettere o agevolare una grave violazione del diritto internazionale dei diritti umani”. E “se dopo aver condotto tale valutazione e aver esaminato eventuali misure di mitigazione, lo Stato Parte esportatore ritiene che vi sia un forte rischio di ricadere in una delle conseguenze negative previste, lo Stato Parte esportatore non autorizzera l’esportazione” (art. 7).
E ancora: Leonardo produce i componenti dei missili Storm Shadow che il governo di Londra potrebbe inviare a Kiev per colpire il territorio russo, portandoci direttamente in guerra con Mosca.
Nuove opportunità per le armi. Il Report di DraghiL’industria delle armi trova sempre più spazi per allargarsi e anche importanti sponsor. Nel rapporto sulla competitivita dell’Unione Europea firmato da Mario Draghi e che guiderà le decisioni della commissione sotto la presidenza di Ursula von der Leyen si parla di togliere ogni limitazione all’accesso ai finanziamenti europei all’industria militare. Si forniscono poi “raccomandazioni” alla Commissione Ue anche in termini di governance per rafforzare il settore, tra le quali quella di costituire un’Autorità per l’industria della difesa, gestita dalla Commissione Ue e seguendo indicazioni di «gruppi settoriali specifici composti da rappresentanti dell’industria e degli Stati membri».
Del resto, lo scorso novembre L’Agenzia europea per la difesa (Eda), ente intergovernativo che mette insieme i ministri della Difesa del Consiglio europeo, ha chiesto al settore finanziario europeo di mobilitarsi per sostenere le imprese che producono armamenti.
Fondi “sostenibili” investono nell’industria bellicaE il settore finanziario non ha esitato a rispondere, sollecitato dalle enormi opportunità di profitto che si sono aperte. Ma - attenzione - a investire in titoli di aziende produttrici di armi ci sono anche i fondi europei cosiddetti etici e sostenibili in quanto applicano criteri Esg, cioè valutano l’impatto dei loro investimenti su ambiente (enviroment), societa (social) e gestione aziendale (governance). I dati vengono da un’indagine della piattaforma di analisi finanziaria Morningstar Direct per conto del Financial Times: nel primo trimestre del 2022, cioè all’inizio dell’invasione russa, i principali fondi Esg attivi in Europa e Regno Unito avevano un’esposizione di 3,2 miliardi di euro verso il settore della difesa; oggi, gli investimenti dei fondi Esg su aziende che producono armi sono più che raddoppiati, arrivando a 7,7 miliardi di euro. I fondi Esg con una quota di azioni del settore aerospazio-difesa che supera il 5% del totale del portafoglio sono triplicati in due anni, da 22 a 66. Inoltre, alcuni fondi “sostenibili” di Bnp Paribas o di Amundi hanno più del 10% del loro portafoglio investito sul settore aerospazio-difesa. Sono dati che è necessario conoscere e tenere sotto osservazione anche quando si investono piccoli risparmi.
Per fortuna, nel mondo della finanza etica, c’è chi non si vuole allineare, come riporta il quotidiano Avvenire del 5 settembre scorso, riferendosi a Etica Sgr, la società di gestione del risparmio del Gruppo Banca Etica: «In qualità di investitore responsabile - dichiara al quotidiano il presidente, Marco Carlizzi – consideriamo estremamente preoccupante la crescita degli investimenti in società del settore degli armamenti all'interno di fondi Esg (…) Per questo motivo, adottiamo da sempre un approccio rigoroso che esclude dai nostri fondi l'investimento nel settore della difesa, andando oltre la semplice esclusione di armi proibite da accordi internazionali, come le bombe a grappolo o le mine antiuomo».
Infine, sempre sul piano finanziario, un dato da considerare: il 3 settembre Leonardo perde in borsa il 7,2% in un giorno malgrado l'arrivo di nuove importanti commesse. E cadono anche i titoli di altre aziende internazionali produttrici di armi. Il motivo? in Germania nelle elezioni vincono quelli che si oppongono al trasferimento di armi all’Ucraina e questo potrebbe portare anche i socialdemocratici del cancelliere Scholtz a essere più prudenti. E inoltre, in quegli stessi giorni si stava prospettando una reale possibilità che Israele e Hamas arrivassero a un cessate il fuoco. |