Associazione MOV CAMB
|
Scritto da MC Editrice
|
Martedì 18 Giugno 2024 16:31 |
Di seguito l'abstract dell'articolo di Michela Bianchi, pubblicato sulla rivista Questione Giustizia, e scritto con l'intento di intranprendere un percorso di riflessione collettiva per continuare e rinnovare il progetto "Diritti In Gioco".Come riflettere insieme ai più giovani sul significato di diritto umano? Cosa viene incluso e cosa di fatto si esclude osservandolo alla luce dell’esperienza concreta? Nel libro-laboratorio Diritti in gioco (2004) avevamo affrontato il tema in un lavoro collettivo attraverso un cambio del punto di vista, ovvero, partire dalla vita reale e quindi dai bisogni, e verificare se e in che modo erano stati accolti e considerati nell’ambito del diritto. La scelta è stata quella di considerare alcuni beni comuni fondamentali: acqua, terra, cibo, sapere, salute, uguaglianza, pace. Il libro, molto utilizzato nelle scuole, oggi necessita di una ristampa e i cambiamenti in atto (sul piano geopolitico, economico, climatico, le nuove forme di sfruttamento, le guerre continue, le sistematiche violazioni dei diritti - e del diritto internazionale in particolare - che rimangono impunite se non addirittura avallate) richiedono una rinnovata riflessione. Accenniamo qui ad alcune questioni che andrebbero considerate e affrontate: una proposta, nell’intento di svilupparle attraverso un percorso ancora una volta collettivo.di Michela Bianchi |
Associazione MOV CAMB
|
Scritto da MC Editrice
|
Domenica 18 Febbraio 2024 18:41 |
Legge su commercio delle armi, il governo cancella trasparenza e controlli del Parlamento L’attuale governo, nel clima di malsana euforia creato dal boom di affari per produttori e trafficanti di armi, ha pensato bene di affossare i principi di trasparenza introdotti nel 1990 (Legge n.185) per il commercio degli armamenti. Legge che aveva già derogato al principio costituzionale posto dall’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” Luci e ombre della legge sono già state analiticamente esaminate (v. articolo pubblicato sul sito di MC Editrice - http://www.mceditrice.it/it/articoli/47-articoli/382-finche-ce-guerra-la-legge-sullexport-delle-armi). Ma con l’attuale modifica ci si propone di scardinare anche alcuni principi di trasparenza e democrazia introdotti nel 1990. E ciò nel generale silenzio degli organi di informazione. Del resto, assumendo un profilo molto “basso”, nella relazione allegata al Disegno di legge di modifica, presentato al Senato (n.855 della XIX legislatura), si dichiara che il DDL “apporta alcuni aggiornamenti alla disciplina” della Legge 185/90 “al fine di rendere la normativa nazionale più rispondente alle sfide derivanti dall’evoluzione del contesto internazionale”: in realtà, leggendo tra le righe, l’obiettivo è semplificare il traffico di armi, occultandolo all’opinione pubblica e rendendolo funzionale all’attuale clima di guerra. Che questo sia il reale intento perseguito è, poi, reso evidente dall’analisi del testo normativo e dagli effetti che produrrebbe ove fosse approvato e trasformato in legge. 1) Potere insindacabile del Governo su export di armi Il 17 aprile 2023 il Governo Meloni aveva già cancellato il provvedimento del gennaio 2021, con cui il secondo Governo Conte dispose la revoca delle autorizzazioni all’esportazione di missili e bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (coinvolti nella guerra in corso nello Yemen). Per evitare che il “pericoloso” precedente della revoca delle autorizzazioni non abbia più a ripetersi, viene ora previsto che, in presenza di un divieto di esportazione di armi posto/proposto dall'Unità per le Autorizzazioni dei Materiali d'Armamento (UAMA), il Comitato Interministeriale per gli Scambi di Materiali di Armamento per la Difesa (CISD, presieduto dal Presidente del Consiglio), può insindacabilmente rigettare il divieto, purché eserciti tale facoltà entro quindici giorni. Il veto governativo (perché si tratta di un vero e proprio “potere di veto”) prevale su quanto proposto dalla UAMA, senza che vi sia la necessità di informare e/o sentire il Parlamento. Il tutto, quindi, avviene al di fuori di ogni trasparenza e tenendo completamente all’oscuro l’opinione pubblica. 2) Colpo di spugna su trasparenza e controlli del Parlamento Fino a oggi la trasparenza e il controllo democratico sul commercio e il transito di armi è incentrato sulla relazione che il Governo deve presentare al Parlamento entro il 31 marzo di ogni anno. L’articolo 5 della L. 185 prevede che la relazione contenga “indicazioni analitiche - per tipi, quantità e valori monetari - degli oggetti concernenti le operazioni”; deve, inoltre, essere riportata “la lista dei paesi indicati nelle autorizzazioni definitive”, oltre all'elenco delle “revoche delle autorizzazioni stesse per violazione della clausola di destinazione finale e dei divieti”. Un emendamento proposto da tre senatori del Partito Democratico escluderebbe le “ indicazioni analitiche”, richiedendo soltanto la lista dei paesi di destinazione con l’ammontare degli importi suddivisi per tipologia di equipaggiamenti, le imprese autorizzate e l’elenco degli accordi da Stato a Stato. La semplificazione, che renderebbe più facilmente comprensibile la relazione, è però ritenuta pericolosa da associazioni e ONG impegnate per la pace, in quanto potrebbe rendere difficoltoso ricostruire gli effettivi traffici di armi. 3) Le banche etiche vanno bandite La Rivista Italiana Difesa del 3 luglio 2023, riportando gli interventi succedutisi all’Assemblea Generale dell’AIAD (Federazione Aziende Italiane per l'Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza), tenutasi a Roma, oltre alla “indicazione molto chiara circa la necessità di aggiornare la Legge 185 che regola l’export militare italiano”, indicava anche l’altro tema, a suo giudizio, importante: la necessità di superare la questione delle banche etiche. Nella stessa assemblea, infatti, il Ministro Crosetto manifestava tutta la propria insofferenza verso anacronistici scrupoli morali: “perché una banca non dovrebbe supportare un'operazione che è legale?”. Evidentemente sfugge al Ministro la distinzione tra legge ed etica, con il semplice corollario che non tutto quello che è legalmente consentito è anche conforme all’etica. Le banche, del resto, rispetto ai finanziamenti alla produzione e/o all’esportazione di armamenti, si fanno portatrici di esigenze etiche dei propri clienti, risparmiatori o investitori. Per risolvere il problema nel senso voluto da costruttori e trafficanti di armi è stato proposto dalla stessa relatrice del DDL, Stefania Craxi (FdI), un emendamento radicale: il “capitolo sull’attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano concernente le operazioni disciplinate dalla presente legge (L. 185/1990 – ndr)” che fino ad oggi deve essere inserito nella relazione annuale del Governo al Parlamento, viene cancellato con l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 27. In sostanza non sarà possibile conoscere quali banche speculano sulle armi e sulle guerre. 4) Cancellata ogni ipotesi di conversione dell’industria militare in civile Il DDL prevede l’abrogazione dell’intero articolo 8, che affida all’Ufficio, costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un compito particolarmente importante e delicato: studiare la conversione a scopi civili delle aziende di produzione di armamenti. In particolare, l’Ufficio deve individuare la possibile “utilizzazione per usi non militari di materiali derivati da quelli di cui all'articolo 2, ai fini di tutela dell'ambiente, protezione civile, sanità, agricoltura, scientifici e di ricerca, energetici, nonché di altre applicazioni nel campo civile”. Gli stessi senatori del PD sopra ricordati hanno proposto un emendamento per mantenere in vita l’articolo 8, ma date le maggioranze precostituite in Parlamento, le probabilità di successo appaiono scarse. Il deciso orientamento governativo di cancellare la riconversione delle industrie belliche dal testo della legge manifesta in modo palese che gli intenti di questo Governo sono ben lontani da qualunque orizzonte di pace e che l’unica prospettiva considerata è quella di sostenere e far crescere in ogni modo la proliferazione delle armi e i profitti relativi. 5) Che fare? Il caso dell’Olanda Oxfam Novib, PAX e Rights Forum, associazioni impegnate per la pace, hanno ottenuto un’importante sentenza*: in sede di appello (in primo grado il Tribunale aveva rigettato il ricorso) la Corte olandese, in data 12 febbraio 2024, ha deciso che i Paesi Bassi devono fermare entro sette giorni l’esportazione di parti di aerei da caccia F35 verso Israele, a causa degli evidenti rischi di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale. La Corte, sulla base dei rapporti di Amnesty e dell'ONU, ha concluso che gli obiettivi civili a Gaza vengono colpiti in modo sproporzionato, causando numerose vittime civili, tra cui molti bambini. E’ per ora la prima pronuncia giurisdizionale sul traffico di armamenti o di parti di armamenti, ma l’esempio dovrebbe essere seguito dagli altri paesi, quanto meno da quelli europei, come l’Italia, tenuti al rispetto di normative analoghe, che vietano l’esportazione in violazione dei diritti umani. Se pensiamo alle bombe e ai missili costruiti in Sardegna e utilizzati in Yemen, oppure ai cannoni prodotti dalla OTO Melara che colpiscono Gaza, abbiamo evidentemente molto da fare anche in “casa nostra”. *la sentenza olandese: https://linkeddata.overheid.nl/front/portal/document-viewer?ext-id=ECLI:NL:GHDHA:2024:191 |
Associazione MOV CAMB
|
Scritto da MC Editrice
|
Martedì 29 Gennaio 2019 12:39 |
I giovani e la promessa ... la nostra esistenza di uomini ha a che fare con una promessa e il maestro è colui che te la fa percepire ... si prende gioiosamente il rischio di questo annuncio; esattamente il contrario di quella funzione tampone, di quel legame di natura ambigua che da un po' di tempo si è sviluppato tra la generazione dei giovani e quella degli adulti ... Gli adulti sono diventati "funzionali" e in questa poco felice utilità sono accettati e si fanno accettare. L'io che si sviluppa in un rapporto del genere è insicuro ma contemporaneamente attratto dall'onnipotenza ... si pone nei confronti dell'altro e dell'ambiente come consumatore vorace e non sa essere compartecipe e corresponsabile; è un io senza "tu" narcisistico individualista che non trova aiuto a riconoscere ed accogliere le proprie radici e la propria-comune storia... Michela Bianchi dalla prefazione al libro Sei cigni per Simone Weil | | Di quali maestri, di quali autori abbiamo bisogno? Scrive Paolo De Benedetti: “la Scrittura vuole che noi ci diamo da fare, non è un vassoio con sopra le cose già pronte…” Il che vuol dire, tra l’altro: diffidiamo da chi ci fa trovare la tavola apparecchiata, il prodotto finito, da chi propone pensieri conclusi o conclusivi, da chi ci tiene tranquillamente seduti al nostro posto, e non rischia terreni sconosciuti. E allo stesso modo, da chi dà in pasto apparenti rivoluzioni. L’autore semina spaesamento perché il viaggio inizia dove finiscono le nostre certezze; l’autore non insegna a costruire strade ma a riconoscerle. Di questi autori abbiamo bisogno: rappresentano un ancoraggio di fronte al divenire merce della cultura. | | |
|
Associazione MOV CAMB
|
Scritto da MC Editrice
|
Giovedì 01 Dicembre 2016 10:13 |
A proposito di democrazia parlamentare Alcune considerazioni dalla redazione di MC Editrice La prima riguarda i pericoli gravi e incombenti per la democrazia che vengono prospettati in conseguenza dell’abolizione del bicameralismo perfetto. Quale è attualmente il ruolo del Parlamento nella sua funzione legislativa? Da anni, ormai, rileva Marco Manunta, magistrato, autore di diversi libri pubblicati da MC in tema di diritto comunitario e di diritto all’acqua, oltre il 70% delle norme nazionali sono dettate o determinate dalle Istituzioni comunitarie; cioè, la nostra vita è regolata o direttamente dalla normativa europea (regolamenti e sentenze della Corte di Giustizia) o indirettamente (direttive che devono essere attuate con l’emanazione di opportune norme nazionali). E’, quindi, chiaro che, rispetto al Parlamento bicamerale disegnato dai Costituenti, cui era affidato il pressoché totale compito di dettare le regole e regolare la vita dei cittadini, oggi il ruolo del potere legislativo si è, di fatto, fortemente ridimensionato. E già qui si pone un’elementare riflessione: un Parlamento bicamerale con un numero record di deputati e senatori non sarà, forse, sovradimensionato? Molti si stracciano le vesti sul “vulnus” alla democrazia e sulla lesione dei diritti fondamentali causati dalla riforma. Nessuno, però, si pone il problema di come quel 70% di norme eterodeterminate entra a far parte del nostro ordinamento. Ancora Manunta ricorda, come argomento di riflessione, che fu la Corte Costituzionale con la sentenza n.183 del 1973 a descrivere e riassumere il meccanismo di adeguamento “automatico” alla normativa europea ricordando, a proposito del Trattato allora vigente (ora trasfuso nel nuovo) che “ il secondo comma dell'art. 189 stabilisce testualmente: ‘Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi, e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri’”. In proposito la Corte ha rilevato che tale meccanismo di adeguamento automatico “trova sicuro fondamento di legittimità nella disposizione dell'art. 11 della Costituzione, in base alla quale ‘l'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni’, e quindi ‘promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo’”. In sostanza, quindi, la “generosa” limitazione di sovranità prevista dall’art.11 è stata prevista dai Costituenti per favorire la pace ed è tuttora il meccanismo che consente l’adeguamento automatico del nostro ordinamento; adeguamento che non prevede e non consente alcun vaglio preventivo o successivo di legittimità costituzionale, come chiarito dalla stessa Corte nella sentenza n.183. E’ chiaro che l’art.11 non poteva e non può essere modificato, essendo ricompreso nei sacrosanti principi generali della prima parte della Costituzione, ma a questo punto non si capisce perché, invece di gridare all’inaccettabile limitazione della democrazia nazionale per l’abolizione del bicameralismo perfetto, non ci si occupi minimamente del deficit di democrazia delle Istituzioni comunitarie, da cui proviene la stragrande maggioranza delle norme in vigore sul territorio nazionale. Deficit di democrazia ampiamente denunciato in passato e solo parzialmente rimosso dal Trattato di Lisbona. La seconda considerazione. Sempre a proposito di democrazia, ben poco si parla di un aspetto non secondario della riforma: le modifiche in tema di referendum e di leggi di iniziativa popolare. Le novità sono molto importanti, perché rendono più concreta e attuabile la democrazia diretta. La riduzione del quorum è fondamentale. “Ho attivamente partecipato ai movimenti per la gestione pubblica del servizio idrico e per il riconoscimento del diritto all’acqua”, ricorda Manunta, “ e quando si è avviata la campagna di raccolta delle firme per l’abrogazione del Decreto Ronchi, approvato dal Governo Berlusconi e che imponeva la privatizzazione dei servizi idrici, era enorme la preoccupazione di non raggiungere il quorum, nonostante le oltre 1.000.000 di firme ottenute”. La grande partecipazione popolare del 2011 ha scongiurato il pericolo del fallimento, ma la rilevante riduzione del quorum ora prevista dalla riforma (nel caso in cui si siano raccolte almeno 800.000 firme), può assicurare il successo di iniziative importanti, trascurate dai partiti e osteggiate dai governi (forse l’ultimo referendum tenuto, sulle “trivelle”, avrebbe avuto un diverso esito). Anche l’obbligo per il Parlamento di esaminare prioritariamente le proposte di legge di iniziativa popolare tende ad assicurare l’effettività di un importante strumento di democrazia diretta: Marco Manunta, ha contribuito a predisporre una proposta di legge sul servizio idrico con raccolta delle firme necessarie. Il gruppo di studio di MC ha seguito interamente la vicenda. Ebbene la proposta, che risale a dieci anni fa, ha attraversato le varie legislature intonsa e l’esame in commissione è stato avviato solo nella presente legislatura: una beffa per i cittadini proponenti, che viene corretta con la riforma. |
|